HomeCommissionsCOMMISSION #5 – MARTA ROBERTI

COMMISSION #5 – MARTA ROBERTI

Per il solstizio d’inverno Marta Roberti ha raffigurato la dea eretta sul dorso di un cervo, con lo sguardo rivolto verso il cielo e un uccello nero, con lunga coda piumata, sul palmo della mano.

L’iconografia originaria di Giunone Dolichena, da cui l’artista trae ispirazione e che vede la divinità abbigliata con lunga tunica, scettro e specchio, viene abbandonata in favore di una figura scevra da ogni connotazione culturale o attributo di potere, in totale armonia con la natura.
Il corpo nudo e i capelli sciolti ne fanno un’amazzone, mentre la spinta ascensionale, suggerita dallo slancio dei piedi e delle braccia, sembra da una parte assimilarla a un volatile, pronto a librarsi in aria, dall’altra accostarla alle forme caratteristiche delle statuette votive, dotate di sorprendente potenza evocativa.
Postura e nudità ne arcaizzano forma e contenuto, eternizzandola e assimilandola non tanto a una divinità del pantheon romano, quanto più a una dea madre, o forse una potnia theròn minoica, protettrice di una dimensione selvatica rappresentata dagli stessi animali che la accompagnano.
La composizione dell’immagine, di carattere architettonico, dà vita a una sorta di sovrapposizione o comunione tra le sue componenti: quella animale, dunque, non appare soltanto come semplice attributo dell’umana, ma si presenta come suo simbionte, elemento che ne determina la stessa identità.
In questo senso la Giunone di Marta Roberti dichiara una totale equivalenza tra natura divina e animale della dea, una sua completa adesione alla sfera del Selvatico, da cui proviene e verso cui costantemente tende.

 

Marta Roberti, Autoritratto come Giunone Dolichena, 2022

Testo di Giulia Gaibisso

Marta Roberti vive e lavora a Roma e Varsavia. Dopo la laurea in Filosofia si è diplomata in Cinema e Video presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Il disegno è il mezzo principale che declina in installazioni, video disegni animati e arazzi, attraverso i quali esplora le relazioni tra gli umani, gli altri animali e il mondo vegetale, studiandone e rielaborandone i miti e la loro rappresentazione a cavallo tra Oriente e Occidente.
Nel 2020 ha vinto il bando Cantica del Maeci e Mibact e la sua opera è entrata nella collezione dell’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma. Tra le mostre personali Cose che non accaddero mai ma che sempre sono, Centro espositivo Villa Pacchiani , Santa Croce sull’Arno e C’era una volta, ancora una volta, Opr gallery, Milano (2022), In metamorfosi presso la Galleria Sara Zanin (2021) .Ha partecipato a mostre collettive internazionali tra cui  Dante Alighieri and the Italian Artists, IIC Parigi, Encounter of Imagination: dialogue between The Divine Comedy and Classic of Mountains and Seas, Pearl Museum Shanghai(2021), AlterEva, Strozzina di Palazzo Strozzi, Firenze (2021), Io dico Io, Galleria Nazionale di Arte Moderna Roma (2021), Wall Eyes (Johannesburg, Capetown 2019 e Auditorium Parco della Musica di Roma 2020); Portrait Portrait, Taipei Contemporary Art Center (2017), Scarabocchio Kuandu Museum of Art Taipei (2015). Durante gli anni trascorsi in Asia ha partecipato ad alcune residenze in Cina, Taiwan e Vietnam.