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COMMISSION #3 – FRANCESCA CORNACCHINI

La IUNO di Francesca Cornacchini è un reperto archeologico prodotto da un paradosso temporale. È l’attributo di una divinità pagana trasfigurata: a rappresentarla sono due grandi corna di capra innestate su un cappello con visiera a becco, elementi provenienti da epoche e contesti diversi, associati secondo un principio che richiama quello dell’Eterno Ritorno o, meglio, che suggerisce l’esistenza di un’invariabilità archetipica.

Le corna, fissate precariamente con nastro adesivo, sono attributo di Giunone Caprotina, divinità di origine etrusca, dea della fecondità e della rinascita, tutrice di ogni ciclo riproduttivo naturale. Il berretto, decorato da una corona d’alloro, rappresenta invece l’immancabile accessorio del raver, figura emblematica della cultura underground, da sempre fonte di ispirazione per l’artista. Simbolo di quella subcultura giovanile che incarna più di ogni altra la dimensione eversiva della festa, il raver diventa l’equivalente contemporaneo della dea.
Al cappello, posizionato nel salone di IUNO, si affianca l’intervento pensato dall’artista per la camera da letto generalmente adibita a residenza: una luce verde e una cassa che riproduce musica psy-trance conducono il visitatore nell’antro di una dea squatter, dominato da un letto disfatto sul cui materasso campeggia la scritta “BABY DETONATE FOR ME”. La formula, come il giaciglio, si riferisce esplicitamente al carattere sensuale e seduttivo attribuito a Giunone Caprotina, dea della riproduzione.

Se dunque il salone di IUNO si configura come spazio espositivo canonico, entro il quale illuminazione e supporto dell’opera suggeriscono la presentazione di un reperto archeologico, la stanza ricontestualizza l’oggetto nella contemporaneità.

Indossato il nuovo copricapo, Giunone si trasforma nella sacerdotessa di un rito profano che si struttura, come nelle antiche Nonae Caprotinae, a partire dalla perdita di controllo: il ritmo sincopato della musica psy-trance e il movimento frenetico del corpo corrispondono così al furore generativo inscenato nella cerimonia romana. La dimensione della festa diventa lo spazio di intervento divino, un luogo entro cui assecondare la mania, un intervallo di tempo circoscritto che assicura prosperità, armonia e ordine.

Paganesimo e cultura underground, temi ricorrenti nella produzione di Francesca Cornacchini, possono quindi leggersi come dimensioni dotate della medesima carica sovversiva, alternative coerenti alle culture dominanti.

 

Francesca Cornacchini, Giunone Caprotina, 2022, Installazione, Cappello Beta, corna di capra, scotch, american tape, plexiglas, staffe metalliche, bulloni

Nonae Caprotinae, 2022, Installazione ambientale, Audio, spray acrilico su lenzuolo, materasso, fari led

Testo di Giulia Gaibisso

Francesca Cornacchini (Roma, 1991) vive e lavora a Roma. Dopo il triennio in scenografia e biennio in scultura presso la RUFA- Rome University of Fine Arts, nel 2018 vince il RUFA CONTEST con il lavoro THE CODE#01 e contestualmente il premio REF – Roma Europa Festival presentandolo presso MACRO La Pelanda (Roma). Nello stesso anno entra a far parte dell’artist-run space Spazio In Situ. Le sue opere sono state esposte in diversi spazi istituzionali ed indipendenti tra cui: GAM – Galleria d’Arte Moderna (Roma), Una Vetrina (Roma), Galleria Alessandra Bonomo (Roma), OFF1C1NA (Roma), Shazar Gallery (Napoli), Temple University Gallery(Roma), Spazio In Situ (Roma), TILT (Losanna, CH), Pastificio Cerere (Roma), ARTVERONA 2021, presso la sezione LAB1.